Emerge un’altra inchiesta su fatti accaduti durante Expo per cui la Procura di Milano aveva chiesto l’archiviazione e il gip l’ha respinta. Si viene a sapere, a distanza di mesi, che un gip, su richiesta dell’avvocato Roberta Guida, non ha accolto la richiesta di mettere in soffitta l’indagine per una truffa da 40mila euro ai danni di un ristoratore giordano a cui aveva ‘venduto’ uno spazio all’interno di Expo nel padiglione Basmati per vendere sushi.
Analoga trafila – il caso è naturalmente ben diverso, ma l’iter identico – era toccata all’indagine che ha portato poi alla condanna del sindaco Beppe Sala a 10 mesi di carcere convertiti in multa per falso. Autore del presunto raggiro l’imprenditore indiano Rajesh Trivedi che, il 7 aprile 2015, aveva stipulato un contratto col cittadino giordano B.W.
Trivedi si era presentato alla controparte sotto falso nome, affermando di essere un professore universitario presso la Amity University di Shangai. Nelle vesti di legale rappresentante della Global Foundation Ngo, con sede a Hong Kong, aveva concesso all’acquirente un chiosco sushi nel ‘Basmati Pavillion of India’ alla Lovely Arts, società nepalese di cui B.W. era socio. Quest’ultimo aveva versato 40mila euro per poter usufruire dello spazio, ma ha poi documentato di avere potuto accedere all’area solo dopo un provvedimento di un giudice civile datato 9 ottobre 2015, pochi giorni prima della chiusura di Expo. Per accreditarsi, Trivedi aveva presentato al ristoratore una falsa lettera di accredito della Amity University destinata al general manager di Expo. A contratto concluso, Trivedi “aveva addotto variazioni arbitrarie all’accordo, imponendo alla Lovely Arts l’utilizzo di ulteriori attrezzature e allestimenti, procrastinando di volta in volta la possibilità di ultimare l’allestimento del chiosco prima dell’inaugurazione”. Tra le altre cose, avrebbe anche minacciato telefonicamente B.W. di non entrare nel padiglione: “Se ti fai trovare lì quando arrivo alla stand, sei morto”.
La Procura aveva chiesto l’archiviazione sostenendo che si trattava solo di un inadempimento contrattuale rilevante in sede civile e che non erano presenti “artifici e raggiri” tali da configurare il reato di truffa. Nell’opporsi all’archiviazione, l’avvocato Guida aveva sottolineato che “oltre a far credere che la Global Foundations avrebbe potuto vendere gli spazi espositivi, Rajesh avrebbe raccontato a B.W. “che l’operazione poteva compiersi regolarmente solo con società estere e, in particolare, vicine all’India come il Nepal perché per ragioni politiche il governo italiano, in seguito alla vicenda dei marò, non avrebbe potuto avere direttamente l’India come Stato”. Guida aveva portato documenti e argomenti ritenuti così convincenti dalla Procura che, a giugno, il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto la condanna a due anni per l’imprenditore. In attesa della sentenza, prevista il 25 ottobre, l’avvocato ha preannunciato che farà anche causa civile contro il presunto truffatore e chiamerà a rispondere anche la società Expo per non avere adempiuto ai suoi ‘obblighi di custodia’ nel controllare le attività di Trivedi.
(manuela d’alessandro)